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giovedì 30 maggio 2013

ARTISTI CONTEMPORANEI: FRANCESCA WOODMAN






Siamo nel 1977.
Giuseppe Casetti è il proprietario di una libreria.
Ad un certo punto si spalanca la porta ed entra una ragazza, una giovanissima donna.
Si avvicina al bancone e ci appoggia, sbattendola, una scatola.
“Sono Francesca Woodman una fotografa”.


Francesca Woodman nasce a Denver, 3 aprile 1958. Figlia di artisti – padre pittore, madre ceramista – interessata alla fotografia sin da quando aveva tredici anni, si trova a Roma per seguire i corsi della Rhode Island School of Design. Non è il suo primo viaggio in Italia, dato che da piccola ha vissuto un anno a Firenze e soggiornato varie estati nella vicina Antella.


Quel giorno, Francesca Woodman diventerà una  delle figure più emblematiche dell’arte degli ultimi trent’anni, benché il suo percorso creativo si sia interrotto sul nascere.
Dopo l’Italia infatti, e il diploma al RISD, la giovane fotografa si trasferisce nel gennaio del 1981 a New York, a 22 anni, meno di quattro anni dopo l’incontro con Casetti e pochi giorni dopo l’uscita del suo unico libro d’artista, Some Disordered Interior Geometries, si lancia dal tetto del palazzo in cui abita.

« Ho dei parametri e la mia vita a questo punto è paragonabile ai sedimenti di una vecchia tazza da caffè e vorrei piuttosto morire giovane, preservando ciò che è stato fatto, anziché cancellare confusamente tutte queste cose delicate »
Cinque anni dopo viene organizzata la sua prima mostra postuma, e presto la critica femminista del tempo si appropria della figura della giovanissima e geniale artista suicida – come feticcio ideale per un discorso critico incentrato sull’esposizione del corpo femminile nudo utile a decostruire lo sguardo maschile.
 

Francesca non tornerà mai più in Italia: anche la libreria Maldoror scomparirà, ma il suo amico “Cristiano” Casetti, conserverà tutte le lettere e le fotografie di cui era venuto in possesso, prestandole di volta in volta a musei e mostre e facendole visionare a studiosi e critici d’arte contemporanea. Il suo infatti rimane, dato il valore storico, un catalogo tuttora imprescindibile per chi voglia avvicinarsi al lavoro di Francesca Woodman, e, attuando una necessaria opera di lettura e selezione dei testi, costruire a partire dalle parole dell’artista le basi di un futuro discorso critico.
Ai nostri giorni, la Woodman è considerata tra le fotografe più particolari ed emblematiche degli ultimi trent’anni, anche se la sua carriera artistica così come la sua vita fu decisamente breve.
Segnata da un animo sensibile, fin da subito con i suoi scatti cerca di trasmettere qualcosa allo spettatore. Non vuole spiegare, non vuole dimostrare, né scandalizzare con i suoi nudi artistici. Invece, negli anni che seguirono la sua morte, il movimento femminista si appropria di
questi suoi nudi e dell’immagine di Francesca per il proprio movimento politico rivendicando la figura della donna e la strumentalizzazione del suo corpo in una società prettamente maschilista.

Il corpo acquista una fortissima importanza, anche se frantumato, anche se spezzato o coperto, emerge nella foto come rappresentante delle paure e dei pensieri che affliggevano la Woodman.


Per gli amanti del genere o per chi ne vuole sapere di più vi segnalo:

Corpi in azione / Corpi in visione
Milano - dal 18 aprile al 15 giugno 2013

MUSEO PECCI
RIPA DI PORTA TICINESE 113

mercoledì 29 maggio 2013

ARRIVEDERCI FRANCA

Anche oggi un pezzo della cultura italiana se ne và.

Oggi ci ha lasciato Franca Rame,  era malata da tempo. È morta a Milano, nella sua casa in Porta Romana.

Si potrà essere d'accordo con le sue idee, con il suo pensiero. La si poteva amare o odiare. Questo non ha importanza.

E' un altro pezzo di cultura italiana che non ci illuminerà più. Non ci farà più riflettere, divertire, emozionare.

Io la voglio ricordare cosi. Pubblicando la sua ultima lettera d'Amore al suo consorte. Ma non è solo una lettera d'amore.
E' un vero e proprio inno alla vita.

Lettera d’amore a Dario

di Franca Rame  30 gennaio 2013
CHI È DI SCENA…
Sono nata nel 1929.
Quando ero piccola, sette, otto anni, mi veniva in testa un pensiero che mi esaltava: morire.
Quando morirò?
Com’è quando si muore?
Come mi vestirò da morta?
Forse mamma mi metterà quel bel vestito che m’ha cucito lei di taffetà lilla pallido orlato da un bordino di pizzo d’oro.
“Sembri un angelo! Quanto è bella la mia bimba che compie gli anni!” mi diceva.
A volte mi stendevo sul lettone di mamma: vestito, calze, scarpe, velo bianco in testa, una corona del rosario tra le mani poste sul petto (tutta roba della Cresima), felice come una pasqua aspettavo che qualcuno mi venisse a cercare e si spaventasse…scoppiando in singhiozzi. “E’ mortaaa! Franchina è mortaaaaa?!” E tutti a corrermi intorno piangendo…arrivavano i vicini, il prete e tutti rosariavano in coro.
Arrivasse un cane di un cane. Nessuno spuntava.
Nell’attesa mi addormentavo.
Al risveglio ero incazzata nera.
“La prossima volta vi faccio vedere io!” bisbigliavo minacciosa.
Poi mi sgridavo: “Cattiva, sei cattiva!!! Dare un dolore così grande alla tua mamma. Vergognati! Con tutti il bene che ti vuole…”

“Ascoltami Franchina… – mi diceva mamma – ci sono delle regole nella vita che vanno rispettate, ogni giorno: non poltrire nel letto, la prima cosa che devi fare, come apri gli occhi è sorridere. Perché? Perché porta bene. La seconda correre in bagno, lavarti con l’acqua tiepida, orecchie comprese, velocemente, vestirti. Far colazione e via di corsa a scuola. Salutare con un sorriso le persone che conosci, se aggiungi al sorriso un ciao-ciao con la manina è ancora più gentile. Non dare confidenza ai maschi. Tenerli a rispettosa distanza. Non accettare dolci o regali da nessuno…specie se uomini. Non parlare mai con gli estranei. Mi raccomando bimba, non prendere freddo, d’inverno sempre la cuffietta di lana all’uncinetto con i pom-pom rosa che ti ha regalato la zia Ida…gli stivaletti rossi di Pia (mia sorella maggiore) che non le entrano più. Ti voglio bene-bene-bene.” Lo ripeteva tre volte con ardore perché mi si inculcasse bene nel cervello. “Fai attenzione a tutto…come attraversi la strada…guai se vai sotto a una macchina. Ti rompi tutta…ricordati che ci ho messo nove mesi a farti!”
Me ne andavo felice…Un po’ soprappensiero per quei nove mesi di lavoro per la mia mamma a farmi. E’ stata impegnata per un bel po’ di tempo…tutti quei mesi!
La vedevo intenta a mettere insieme i pezzi.

Ma dove li prendeva?
Forse c’eran dei negozi nascosti che li vendevano: “Vorrei due gambette con i piedini, due braccine con le manine, un corpicino, la testolina no…ho una bellissima bambola lenci di quando ero piccola…ci metto quella. “Chiederò a mamma, quando sarò più grande che mi spieghi come ha fatto a confezionarmi.

Ora siamo nel 2013. Da allora sono passati molti anni. Sono arrivata agli 84 il 18 luglio. Faremo una bella festa tutti insieme.
Quando Jacopo era piccolo, a Natale arrivavano regali da ogni parte…più i nostri.
Li posavamo tutti sul tavolone della sala da pranzo. Come il bimbo si svegliava lo si portava tenendolo in braccio davanti a tutto quello che aveva portato il Bambin Gesù. Ci si incantava a guardarlo.
Meraviglia, felicità, grida, risate. “Grazie Bambin Gesù…grazie!!!” gridava guardando verso il soffitto come fosse il cielo…poi seduto sul tappeto a scoprire e godersi i suoi giochi.
All’arrivo della torta con le candeline, non riuscivamo a convincerlo a soffiare per spegnerle.
“Lo devi fare! Soffia!!”
“Perché?”
“Perché cresci più in fretta! Soffia!”

Era un bimbo molto curioso e pensoso. Chiedeva sempre: e cosa vuol dire questo e perché no…Una volta sui 5 anni, stava appoggiato al davanzale del balcone su di una sedia con un filo in mano che agitava. “Che fai Jacopino?”
“Do da mangiare al vento…”
Ero un po’ preoccupata.

Mi diverto molto con le mie nipotine. Quando Mattea (la figlia di Jacopo) era piccola, sui sei anni e veniva a trovarci a Sala di Cesenatico a passare l’estate con noi, le preparavo una festa alla grande. Compravo al mercato di tutto…non che spendessi tanto. Nascondevo i regalini spargendoli nel giardino tra alberi e cespugli e via con il gioco del “freddo e caldo”: si girava di qua e di là…davo segnali dei nascondigli dicendo “fredddo… freddo… tiepidino caldino… caldo, caldissimo… oddio brucia!” Mattea infilava la manina nel cespuglio, trovava il pacchetto, si sedeva su prato e lo scartava mandando grida di gioia.
Una mia cara amica, Annamaria Annicelli aveva un grande negozio dove vendeva di tutto e mi regalò per Mattea un mare di Barbie con fidanzato Ken. Cartoncini con guardaroba completo: abiti per tutte le occasioni.
Come ogni estate per anni, arrivò la mia dolce bimba più bella che mai. Le sbatto un uovo con zucchero e cacao – la rusumàta si chiama a Milano – che le piace tanto. Se la mangia leccandosi i baffi.
“Vieni, andiamo a fare il gioco del caldo-freddo.”
Lancia un urlo di felicità.

Le avevo preparata una festa alla grande. E via che si parte: freddo… freddo… tiepidino… caldo… caldissimo! E dal cespuglio estrae una Barbie…poi un’altra…poi il fidanzato Ken, cartelle con abiti…ad un certo punto si lascia andare sull’erba sfinita: “E’ troppo nonna… è troppo!” Quando Jacopo, dopo tre mesi, veniva a prenderla era un momento triste per tutte e due. Ce ne stavamo abbracciate e silenziose in attesa della partenza. Saliva in macchina. La salutavo con la mano e mi scendevano le lacrime…pure lei piangeva. Cercavamo tutte e due di sorridere… ma si faceva fatica.
Una gran fatica.

Una volta, quando eravamo più giovani Dario ed io ci si faceva festa ai compleanni. Festa? Una festicciola…nulla di speciale. La torta, le candeline…dell’anno prima, qualche amica, amici…Ricordo invece un fantastico compleanno, il mio settantesimo a Sala di Cesenatico. Non mi aspettavo nulla di speciale. Invece…
Quella mattina mi svegliai un po’ tardi, Jacopo venne a prendermi in camera dicendomi che Dario aveva bisogno di me…Neanche la mattina del mio compleanno posso restare disoccupata…scendo le scale, esco in veranda, e lì mi trovo una folla con i musicisti che suonavano, clown e maschere e tanta gente, amici venuti da ogni parte, ci saranno state cento persone, tutti a cantare tanti auguri a te…Mi sono messa ad abbracciare tutti uno per uno…Erano veramente tanti, che a un certo punto mi sono dovuta sedere…Anche per l’emozione. Poi siamo andati a mangiare fuori, sul porto canale di Cesenatico, e anche lì c’erano parecchi amici che erano venuti a festeggiarmi. Ogni tanto mi stupisco di quanta gente mi voglia bene. È proprio una grande fortuna…

UNA STELLA SUL LETTO?!
Una volta mi piaceva guardare il cielo di notte. Specie in inverno. Sottozero il blu è più intenso. Le stelle spiccano come brillanti.
Preziose.
Ieri notte niente. Ce ne erano poche ma una ha attirato la mia attenzione era una stella senza luce, piatta come fosse di plastica opaca.
“Vieni qui” le ho detto… hai dei problemi? Ti vedo giù….” In un attimo eccola sul mio letto, senza nemmeno rompere i vetri della finestra.
La guardo incredula… non so come comportarmi…

UNA STELLA SUL LETTO?!
L’astro si rizza su una punta… prendendo colore lentamente.
Una luce iridescente illumina la mia stanza…ma non smargiassa di chi vuol strafare…appena appena per farsi notare.
“E’ così facile avere una stella vera in casa? Basta chiamarla?” penso. “E’ facile per forza… – mi risponde – sono te.”
“Sono una stella?” – dico senza meraviglia, anzi un po’seccata – mi stai prendendo per il sedere?” Avrei detto volentieri culo, ma non volevo darle confidenza.
“Dì pure culo cara, non mi scandalizzo…” e fa una risata a piena gola.
Una stella che dice culo e mi sghignazza dietro!
Ero scandalizzata! Non c’è più religione!
“Bigottona! Son qui per aiutarti… sono te, quindi la tua più grande amica. Sei giù di morale…hai pensieri fissi che ti fan dormire male. Perché vuoi ammazzarti?
Mi manca il respiro. Un qualcosa mi sale lento dallo stomaco alla gola: un magone che mi soffoca.
“Lasciati andare… non trattenere le lacrime…ci sono io vicino a te…sono scesa apposta da lassù…tutta per te!”
Le lacrime non si fanno pregare, si rincorrono sulle mie guance una dopo l’altra. I singhiozzi escono strazianti anche se in realtà non si sentono.
Allunga una punta, quella di sinistra e mi fa una carezza.
Ma dai…sto sognando…la stella sul letto in punta di stella che mi accarezza con la sinistra…una stella mancina…Mio dio…ha pure 5 punte!
Una stella delle Brigate Rosse!

“Non stai sognando…conosco la ragione della tua voglia di morire ma solo se ne parli, se svisceriamo il problema insieme, lo risolviamo. Parola di Stella!”
Respiro profondamente. Sto per dire qualcosa che mi costa.
“Sono tanto triste perché sono disoccupata. Ho perso il mio lavoro.”
“Come hai perso il tuo lavoro? Sei dalla mattina alla sera al computer…scrivi, scrivi, scrivi senza alzare nemmeno gli occhi.”
“Sì lo so, ma questo non è il mio lavoro. Sono nata il teatro, a 8 giorni ero già in scena…ho sempre recitato. Da 8 giorni a 81 anni… avevamo in scena “L’anomalo bicefalo” una satira su Berlusconi. Ci divertivamo un sacco! Ma eravamo nell’’83… quanti anni son passati?”
“Ti stai dimenticando di Mistero buffo,….L’avete fatto tanto…”
“Sì hai ragione…ma ora non si fa più nemmeno quello.
Poi uno spettacolo ogni morte di vescovo, che ne muoiono pochissimi.

Sono felice di aiutare Dario che è il MIO TUTTO, curare i suoi testi, prepararli per la stampa, ma mi manca qualcosa… quel qualcosa che non mi fa amare più la vita.
È per questo che voglio morire.
Ma non so come fare.
Immersa nella vasca da bagno e tagliarmi le vene?
Poi penso allo spavento di chi mi trova in tutto quel rosso.
Buttarmi dalla finestra, ma sotto ci sono gli alberi e finisce che mi rompo tutta senza morire: ingessata dalla testa ai piedi.
Avvelenarmi con sonniferi…ci ho già provato una volta…tre, quattro pastiglie e acqua… avanti così per un po’ e mi sono addormentata con la testa sul tavolo…
Insomma, morire è difficilissimo!
A parte che mi ferma anche il dolore che darei a Dario a Jacopo alla mia famiglia, Nora, Mattea, Jaele (la più bella della famiglia) e tutto il parentado…alle amiche, amici.
Penso anche al mio funerale e qui, sorrido. Donne, tante donne, tutte quelle che ho aiutato, che mi sono state vicino, amiche e anche nemiche…vestite di rosso che cantano “bella ciao”.

Che tristezza essere disoccupata. “Hai messo in scena molti spettacoli che hanno avuto gran successo ed eri sola – prosegue la Stella…Tutta casa letto e chiesa, Parliamo di Donne, Sesso? Grazie tanto per gradire, Legami pure che tanto spacco tutto lo stesso, Il funerale del padrone, Il pupazzo giapponese, Michele ‘Lu Lanzone e altri ancora che non mi ricordo… dovrei andare su internet ma non ne ho voglia.
Perché non ne rimetti uno in scena?”
Ma…sono abituata con Dario…
L’ho conosciuto in palcoscenico nel ’51… abbiam fatto tourné, avuto successo… anche troppo. Dopo anni di fermo abbiam debuttato per due soli spettacoli in settembre del 2012 con “Picasso desnudo”.
E adesssssso? Ci metto sei S per sottolinearti bene il concetto. Adesso nulla! Nessun programma futuro. Deglutisco per mandar giù il magone
Dovresti aiutarmi tu Stella, dammi la forza… la voglia.
“Che piagnona! – mi urla, mi hai proprio rotto i…No, non lo posso dire perché lassù si incaz…Mamma mia solo parolacce mi vengono…è perché sono scesa in terra…qui ci si sporca!
Potresti mettere in scena un testo da recitarti tutto da sola…hai un mare di materiale a disposizione. Li conosco tutti i tuoi monologhi mai rappresentati.”
“Ma smettila, conosci i miei monologhi….”
“Certo, sono te!”
“Ah sì…Hai ragione…Sì, potrei farlo…ma poi penso a Dario la sera sperduto davanti alla tv…che se ne va a letto senza chiudere né tapparelle, né porta. Lo sento che si gira e rigira tra le lenzuola pensandomi…preoccupandosi e…quindi sto qui, accanto a lui. Lo amo tantissimoma sono proprio triste… infelice…ciao me ne vado…”
“Ma dove vai? Ti vuoi nascondere a piangere? Piangi qui piccola…tra le mie braccia…”All’improvviso si ingrandisce a vista d’occhio si trasforma in una coperta di lana morbida lucente e mi avvolge tutta. Un brivido di piacere attraversa il mio corpo…mi sento via via rilassata e sulla bocca mi spunta un sorrisoil più dolce della mia vita
Caro Dario tutto quanto ho scritto è per dirti che se non torno in teatro muoio di malinconia. Un bacio grande…

martedì 28 maggio 2013

FOTOCONCORSO: LO STRAORDINARIO QUOTIDIANO

Cari lettori,
vi voglio segnalare questa iniziativa giunta alla 5a edizione.

Questo concorso, a differenza di quelli specializzati e dedicati ad un tema specifico, ha un argomento molto aperto per dare spazio a fantasia e creatività.

Il tema di questa edizione è:

"Smart cities e new town, periferie e distretti:
la vita quotidiana negli spazi e nelle relazioni urbane. La fatica e la bellezza dell’ordinario, la paura e la meraviglia nell’incontro tra culture e tra generazioni. Uno sguardo dalle nestre di un appartamento o nei cortili dell’anima.

Lo straordinario quotidiano è ciò che accade attorno a noi, ogni giorno: basta saperlo vedere. Basta saperlo cercare. Volti, spazi, istanti di una giornata normale, in cui il nostro sguardo si ferma a cogliere il bello, si emoziona. E prova l’urgenza di raccontarlo in uno scatto.

Vivere come quando si viaggia, con occhi capaci di cogliere l’inatteso, il meraviglioso, il sorprendente. Uno sguardo altro per comprendere spazi e relazioni, fatiche e paure, piazze e incontri. Ma anche curioso e rivelatore di noi e del nostro sentire, dalla finestra spalancata o attraverso gli scuri socchiusi da cui stiamo osservando."



Per chi fosse interessato puo' trovare informazioni qui.







ADDIO PICCOLO TONY

Il 'Cuore matto' ha smesso di battere ieri sera, a 72 anni.



Little Tony, nome d'arte di Antonio Ciacci (Tivoli, 9 febbraio 1941 – Roma, 27 maggio 2013. Cittadino della Repubblica di San Marino da sette generazioni, e con i genitori ha iniziato giovanissimo a interessarsi di musica grazie a una passione di famiglia che accomunava suo padre, cantante e fisarmonicista, uno zio, chitarrista, e i suoi due fratelli, anch'essi musicisti: Enrico, chitarrista, e Alberto, bassista.
Dai Castelli Romani a cui seguono i locali da ballo, le balere e teatri d'avanspettacolo nel 1958, durante uno spettacolo allo Smeraldo di Milano, viene notato da un impresario inglese, Jack Good, che lo convince a partire con i suoi fratelli per l'Inghilterra, dove nascono "Little Tony and his brothers".
Gli spettacoli hanno tale successo da indurre Little Tony a rimanere in Inghilterra per alcuni anni. È lì che si innamora del Rock'n'roll, una passione che durerà per tutta la vita. Nel periodo inglese fu ospite fisso del programma televisivo Wham!. Uno degli autori di Elvis Presley gli scrisse Too Good, che arrivo' nella top 20 inglese nel 1959.
Rientrato in Italia, nel 1961 partecipa al Festival di Sanremo in coppia con Adriano Celentano. Canta 24 mila baci classificandosi al secondo posto. Sempre nel 1961 incide diverse canzoni per i film.
Nel 1962 partecipa al Cantagiro 1962 che però non riscuote successo; va meglio l'anno dopo, in cui ottiene il secondo posto. In questo periodo inizia anche la sua carriera di attore, in numerosi musicarelli, in cui viene in prevalenza doppiato da Massimo Turci.
L'anno dopo torna a Sanremo con Quando vedrai la mia ragazza ed ottiene un buon successo estivo con
Nel 1965 è semifinalista a Un disco per l'estate con Viene la notte, canzone composta da Gianni Meccia.
Il vero trionfo arriva nel 1966 quando porta al Cantagiro Riderà. La canzone non vincerà la manifestazione, ma venderà oltre un milione di copie.
L'anno dopo un altro boom: la sanremese Cuore matto (scritta da Totò Savio ed eseguita poi in spagnolo dal gruppo musicale spagnolo Los Catinos) arriva prima in classifica e rimane tra i primi posti per 12 settimane consecutive. Questo nuovo successo apre a Little Tony la strada per molti paesi, in Europa e in America del sud. Del '68 è la sua quarta partecipazione al Festival di Sanremo con Un uomo piange solo per amore. Nell'autunno dello stesso anno partecipa a Canzonissima dove lancia Lacrime e La donna di picche.
L'anno successivo inizia con un altro successo sanremese, Bada bambina. Tony fonda una propria etichetta, la "Little Records", con cui esce E diceva che amava me/Nostalgia e nel 1970 c'è il grande successo al Festival di Sanremo con "La spada nel cuore" (composta da Carlo Donida) conquistando un ottimo 5º posto finale, in coppia con Patty Pravo.
Nel 1991 incide il 45 giri "Welcome to Montebelluna" e il 30 dicembre 1995 il Comune trevigiano gli concede la cittadinanza onoraria "per i meriti conseguiti in Italia e nel mondo nel campo dello spettacolo, della canzone, della cultura".
Cittadinanza onoraria Little Tony era cittadino onorario della città di Tivoli, dal 14 luglio 2007: la giunta comunale di Tivoli.

Dal 2010 ha lottato contro un male incurabile. Oggi la sua battaglia è terminata. Riposa in pace piccolo Tony e grazie di tutto.

giovedì 23 maggio 2013

PICCOLA GUIDA ALL’ACQUISTO DELLA MIA PRIMA REFLEX

Il mercato offre di tutto e di più. Ma non è facile orientarsi in mezzo a tutti questi prodotti.
Acquistare una macchina fotografica (e i suoi obbligatori accessori) non è un impegno economico indifferente. E la regola del “più spende meno spende” non è cosi anacronistica in campo fotografico.
Innanzi tutto colui che vuole avvicinarsi alla fotografia deve avere bene in mente “ perché”.
Questa domanda, in apparenza banale, ci pone mille considerazioni che possono influenzare le nostre scelte. Si va dal semplice ricordo della vacanza,  alla foto creativa o sportiva. Oppure la voglia di frequentare un corso e provare subito quanto ho appreso.
Possibile che non esista un metodo per semplificare la scelta?
Prima cosa: quanto posso spendere?
A parte di chi dispone di cifre esorbitanti, dove tutto è acquistabile (ma non sfruttabile al 100%), anche con disponibilità economiche limitate si possono acquistare buoni compromessi che potranno dare buoni risultati. Certo, mi dovro’ limitare all’essenziale, magari puntando ad un obiettivo solo , magari usato, purchè di qualità.
Esistono sul mercato macchine consumer, semi-professionali , professionali. A queste categorie è associato un range economico abbastanza delimitato. Ripeto. Non è detto che spendendo una follia i risultati sono garantiti. Molto dipende dalle nostre capacità di saper maneggiare le apparecchiature fotografiche. Le macchine, oggigiorno funzionano mediante sistemi di programmazione e automatismi sempre più perfezionati. Sono utili a patto di saperli usare correttamente.
Non solo. Ma si paga tutto in una macchina fotografica reflex. Anche il sistema costruttivo per esempio. Una macchina fotografica professionale (di uso quotidiano) dovrà garantire robustezza e funzionamento in qualsiasi condizione. Così gli attacchi degli obbiettivi, il funzionamento del display, gli obbiettivi stessi. Tutte cose che contribuiscono a formare il prezzo di vendita.
Inoltre, mi pare chiaro che al tipo di macchina va abbinato l’obiettivo di pari qualità che non costano certo due (ex)  lire.
Per chi non intende andare sull’eEverest, o in Amazzonia ma tira fuori la propria attrezzatura per l’occasione, acquistare una professionale equivale a  buttare via del denaro prezioso.
Meglio acquistare una macchina dignitosa non al top e spendere la restante cifra in un buon obiettivo. Avro’ sicuramente dei risultati incoraggianti.
 I Megapixel e la gara infinita.
con il termine “megapixel” si intendono quei “milioni di pixel” che vengono catturati dalla fotocamera in una foto. Le nostre foto sono scomponibili in milioni di puntini che, visti da una certa distanza, compongono la nostra immagine. Immaginiamo ora una macchina che riesce a catturare con una risoluzione di 6 megapixel. Vuol dire che la nostra immagine è scomposta in 6 milioni di parti, in seimilioni di pallini uno accanto all'altro con il proprio pezzettino di mosaico.
Dunque, se intendiamo prendere una foto e ingrandirla per un poster da 5x 8 metri, forse non è l’ideale. Si vedrebbe la “grana” di cui è composta l’immagine. Ma se devo vedere una foto formato normale/commerciale o a video credo che sia più che sufficiente.
Quindi  attenzione a non farsi  “abbindolare” su misure sempre di megapixel sempre più crescenti. E ‘ un modo per le case costruttrici per attirare clienti e per giustificare il prezzo di acquisto.  
Il vero “motore creativo” della nostra futura macchina non è la quantità di megapixel, ma la qualità del sensore che li cattura sia esso CCD o C-MOS con il relativo processore di immagine.
APS-c, 4:3, Full Frame? O mamma mia!!!!!

Full frame o pieno formato significa che il sensore ha una dimensione fisica di 36 x 24 mm. Ovvero il rettangolino di vetro, plastica e silicio che c’è al fondo del pozzetto della macchina fotografica deve avere quelle dimensioni. Esistono altri formati come l’APS-C che è il più diffuso tra le reflex digitali ma è leggermente più piccolo (la Nikon lo chiama DX). La differente dimensione comporta delle caratteristiche che possono essere dei pregi o delle limitazioni a seconda delle situazioni.
In soldoni  Full-Frame: ne vale veramente la pena?
Non è assolutamente scontato che un sensore full frame sia migliore di uno APS-C. I vantaggi, teorici,  che può dare il full-frame in termini di migliori prestazioni e all’utilizzo degli alti agli alti ISO grazie alla densità dei fotositi. Ma il bilancio vero e proprio lo si deve fare con altri parametri che riguardano anche gli obiettivi utilizzati.
Per cui nel passaggio o nell’acquisto al full frame occorre valutare molto e non farsi incantare dal marketing.
Meglio acquistare un corpo macchina singolo e poi scelgo gli obiettivi oppure meglio un kit “chiavi in mano”?
Normalmente esistono delle versioni “combo” di apparecchiature fotografiche. Al di là della scelta del corpo macchina, gli obbiettivi accoppiati non sono il massimo dal punto di vista qualitativo.
Ma a mio giudizio per il principiante è l’offerta migliore.
Le case costruttrici non vendono prodotti e basta. Devono anche “stimolare” l’acquirente a essere fedele all'azienda e ad indurlo ad acquistare ancora anche ampliando la propria dotazione. Ma lo possono fare solamente offrendo una buona base di partenza. Quindi hanno tutta la comvenienza a rendervi soddisfatti da subito. Una volta presa dimestichezza con la propria attrezzatura allora sarà sempre possibile acquistare obbiettivi più performanti, magari girando sul mercato dell’usato.
Di regola, corpi macchina semiprofessionali con obbiettivi standard danno risultati soddisfacenti, con obbiettivi di qualità risultati ottimi.
Filmati o non filmati?
Molte macchine danno la possibilità di registrare dei filmati HD seppur con delle limitazioni di funzionamento circa la messa a fuoco automatica o la gestione dei diaframmi.
Personalmente penso che una macchina fotografica debba scattare foto. Se poi, senza il solito marketing, vi viene data questa possibilità “gratis” ben venga. Mal che vada sarà una delle tante cose che scopriremo giusto per vedere che fa.

Per chi vuole filmare ci sono videocamere a prezzi ridotti che fanno filmati migliori. Non è detto che non possano trovare alloggio nella stessa borsa fotografica!!


Jpeg o Raw?

Sono due formati per salvare le foto scattate sulle SD card.
Il formato RAW racchiude in sé la massima quantità di informazione acquisite dalla fotocamera. E' un formato professionale che si presta benissimo alla manipolazione in post produzione. E' il formato giusto per i dettagli. Lo svantaggio è di acquisire foto "pesanti" che richiedono ingenti quantità di memoria. Dall'altro il celeberrimo formato JPEG è molto leggero, versatile e già "pronto all'uso".

Pertanto non esiste il "miglior formato". Anche qui sarà una scelta in base all'utilizzo che se ne intende fare.


Detto questo non rimane altro che invitarvi a girovagare per il web alla ricerca di materiale esaustivo. Tanto le marche più gettonate come Canon, Nikon, Fuji, Sony e via discorrendo appaiono su tutti i siti e mercatoni online. Cercate di capire le caratteristiche salienti, la disponibilità di optional, il costo degli obiettivi, la compatibilità con altri produttori di obbiettivi come I Tamron, Sigma ecc. Perché no, verificare, se il mercato dell’usato dell’apparecchiatura scelta offre qualcosa, se puo’ sfruttare qualche accessorio “standard” reperibile dai vari mercati.
Una volta circoscritto il vostro target fate un salto in un negozio ben fornito. Provate le macchine, toccatele con mano. Se siete stati bravi a indentificare modelli e marche di un’unica fascia dal punto di vista dei risultati non ci sono grossissime differenze. La vera differenza la fa il gusto personale. Chi adora una marca, chi ne gradisce un’altra. Per me, per esempio, conta molto la qualità della costruzione e il posizionamento dei comandi. Mi deve dare quel senso di “massiccio” quando la stringo nelle mani, e non di plasticoso e di scatola vuota.
Ma è una sensazione personale.
Ognuno se la giostra come meglio crede.
Buon acquisto!!!!!

mercoledì 22 maggio 2013

LE BATTERIE DEL FUTURO



Siamo in trincea. Era da tempo che aspettavamo questo evento. La salivazione è azzerata. Il tutto sta cominciando a minuti.

Pensieri nella testa, ansia, paura di aver toccato qualcosa nella fotocamera che possa compromettere il risultato.

Ecco, si inizia.....si scatta e...la batteria fa cilecca.

E allora che fare?

Eesha Khare, una studentessa californiana di 18 anni, è la vincitrice del premio di 50 mila dollari del concorso per scienziati “Science and Engineering Fair” promosso dalla Intel Corporation. A concorrere circa 1700 ricercatori appartenenti a 70 paesi.




Il premio è stato assegnato per aver progettato un nuovo sistema in grado di ricaricarsi in 20 o al massimo 30 secondi.

Ai media statunitensi, ha spiegato Eesha Khare, di aver sviluppato un dispositivo in grado di accumulare energia, è una sorta di deposito che può contenere una grande quantità di energia in un volume molto ridotto.
In sostanza una batteria ad alta efficienza energetica.

A noi che apprendiamo di questa scoperta, non resta che fantasticare sui vari utilizzi che questo può comportare. Dall’alimentazione della più banale macchina fotografica, all’utilizzo sulle auto a propulsione elettrica.

Infatti, già con l’introduzione delle batterie ai polimeri di litio che hanno sostituiti, per moltissimi apparecchi elettronici portatili, le batterie nichel-cadmio o nichel-metal, l’incremento di prestazione è stato considerevole.




Teniamo presente che le nuove batterie comunemente installate nei telefonini e nelle macchine fotografiche, hanno una capacità di scarica ben superiori a quanto potevano garantire le “ricaricabili” di vecchia generazione.





Pensate che, nel mondo per esempio del modellismo dinamico, far volare modelli a propulsione elettrica fino a qualche anno fa era quasi proibitivo. Ora con le nuove batterie, accoppiate a motori elettrici “senza spazzole”, l’uso dei motori a scoppio è pressochè scomparso.


Un motore ultima generazione costa qualche caffè al bar, una batteria di capacità di scarica inimmaginabili fino a qualche anno fa (quasi totalmente di produzione orientale) comprate in “fabbrica” sfruttando internet, poche decine di dollari.



Non è solo una questione di sensibilità ambientale (che non guasta mai) o economica; è un vantaggio non indifferente perchè i motori elettrici non sporcano, non vanno carburati, non necessitano di accessori ingombranti ed hanno una resa superiore.

Certo, molto sarà ancora da fare visto che l’invenzione è stata testata solamente per alimentare una piccola lampada a led. E nulla è stato accennato sui materiali utilizzati per creare questa super batteria, ovvero se essi siano ecocompatibili oppure no.

Ma fermandoci rigorosamente ai numeri il progetto sembra in grado di rivoluzionare il mondo dell’accumulo di energia. Tra l’altro, sempre secondo l’inventrice, il nuovo dispositivo, ricaricandosi in tempi cosi brevi, dovrebbe garantire fino a 10.000 cicli di carica/scarica, che non è poco.

Allora attendiamoci a breve termine per le nostre care macchine fotografiche, batterie “eterne” che ci possano garantire scatti all’infinito. Dobbiamo solo interrompere la nostra attività per 20 o trenta secondi al massimo, il tempo di staccare l’occhio dall’oculare e dare uno sguardo al panorama.

venerdì 17 maggio 2013

BIRDWATCHING: IO E LA NATURA

Per tutti coloro che associano la passione per la fotografia alle bellezze naturali il Birdwatching è senza dubbio una pratica interessante.
Gli uccelli sono una delle manifestazioni più affascinanti della natura. La loro osservazione in libertà, siamo essi stanziali che migratori, consente di imparare e conoscere aspetti a cui noi distratti osservatori della vita quotidiana sfuggono di continuo.
Il nostro mondo è popolato da uccelli di tutte le forme, piumaggi, colori, abitudini. Forse solo ai poli o nei deserti più isolati possiamo trovarne pochi o nessuno. Per il resto siamo letteralmente circondati. Ma per chi come me vive di quotidianità, di lavoro, di ufficio, se va bene veniamo attirati solo da un cinquettio di un qualcosa che vola senza preoccuparci se quel piccolo essere volante sia un comune passero oppure un uccello migratore che arriva chissà da quale parte del mondo.
Il birdwatching, parola inglese tanto difficile da rendere in italiano da essere stata adottata tal quale, è l’osservazione degli uccelli in libertà, senza altro scopo se non trarne una soddisfazione personale. E visto che ci siamo, perché non portarci a casa qualche bello scatto da mostrare o da conservare quale testimonianza di una nuova esperienza.
Praticare il birdwatching è semplice. E’ sufficiente avere con se un binocolo, (o meglio un cannocchiale) la propria attrezzatura fotografica, ed una guida di riferimento non solo cartacea, ma anche fisica. Un accompagnatore insomma.
La guida è essenziale per riconoscere i vari piumaggi e le varie specie, nonché avere la “mappa”dettagliata dei punti di osservazione che meglio si prestano allo scopo.
Ovviamente, non è possibile praticare il birdwatching come se fossimo allo zoo cittadino. Il bello della fotografia naturalistica è bloccare l’attimo sugli istanti di vita nel loro mondo naturale. Questo è possibile solo non disturbando e da debita distanza.
Alcune oasi o aree protette sono dotate di appositi “palchi di osservazione” opportunamente camuffati per poter osservare e fotografare in tutta liberà senza spaventare gli uccelli e quindi evitare di vederli scomparire.
Ovviamente, al fotoamatore naturalistico non interessa solo il mondo degli uccelli. Spesso siamo pronti a fotografare tutto quello che ci capita nell’obbiettivo, purchè serva a portare a casa un’emozione. Un panorama mozzafiato, uno stagno, un ruscello, insetti, anfibi, tutto potrà cascare dentro il nostro meraviglioso mondo.
Ci vuole pazienza, ma la soddisfazione che si porta a casa è veramente grande.
Per coloro che ne vorranno sapere un di più vi invito a visitare il seguente sito dedicato al birdwatching : http://www.ebnitalia.it/index.asp

Un consiglio pratico
Per tutti coloro che non dispongono di ottiche con lunghezze focali idonee è possibile collegare la macchina fotografica ad un cannocchiale mediante degli adattatori appositamente dedicati. Questa tecnica è detta Digiscoping. Per saperne di più visitate il sito http://www.digiscopingitalia.it/home-page.html
Ovviamente, un cannocchiale di fascia bassa darà risultati modesti, l’opposto per cannocchiali di fascia medio alta. Sono una buona alternativa all’acquisto di ottiche che, oltre all’impegno economico, rischierebbero di passare tanto tempo nelle custodie in fondo ad un armadio.
Le marche di cannocchiali più blasonate sono Swarovsky, Kowa, Zaiss, Leica, ma in rete si trovano delle soluzioni alternative a prezzi contenuti. Ovviamente, ci si deve assicurare prima dell’acquisto della possibilità di reperire l’adattatore giusto per la nostra fotocamera.






giovedì 16 maggio 2013

VIAGGIO FOTOGRAFICO

Girando qua e là per la rete in cerca di cose utili per la nostra passione, spesso ci si imbatte in organizzazioni che vendono “chiavi in mano” dei tour fotografici. Ne esistono veramente di tutti i tipi e di tutti i prezzi.
Spesso l’organizzazione è curata da un fotografo esperto che funge anche da accompagnatore. Oltre ad indicare i luoghi migliori mediante l’impianto del tour, per regalarci momenti da sogno, fungono anche da  “tutorial” per dei veri e propri corsi di fotografia.
Un modo veramente divertente per visitare posti, portarci a casa i nostri ricordi fotografici e aumentare il nostro bagaglio tecnico.

Dei piccoli consigli
·         Scegliere attrezzatura adeguata, sia le fotocamere che gli accessori per il  tipo di fotografia che si intende realizzare o il viaggio che dobbiamo affrontare con uno o due corpi macchina, zoom leggeri che coprano tutte le distanze focali da 15 – 18 a 200 – 300 specialmente se intendete itinerare.  Le lenti fisse solo per alcune applicazioni stanziali. Zaino impermeabile, cavalletto, flash, monopiede, senza dimenticare almeno 2 batterie e alcune unità di memoria di buona qualità. Se si viaggia in gruppo, è bene avere un pc portatile, anche non all’ultimo grido ma equipaggiato con dei software di ripristino di schede e di formattazione. Indispensabile anche come unità di backup del materiale fotografico e come “riparatore” di memory qualora lo richiedano.
·         Oltre a documentarsi sul luogo per iniziare a prendere coscienza di usanze e costumi del luogo, avere sempre con se un’assicurazione sanitaria se non è previsto il riconoscimento della nostra tessera italiana. Non dimenticare i farmaci generici a largo spettro e disinfettanti intestinali.
·         E’ buona norma assicurare anche l’attrezzatura fotografica. Qualche euro investito in una polizza ci solleva da furti o smarrimenti che possono accadere, soprattutto per i viaggi più esotici.
·         Come ogni escursione è bene scegliere adeguatamente l’abbigliamento più idoneo. Meglio portare con se’ poca roba ma di qualità e di comprovata resistenza al compito che deve assolvere. Meglio sacrificare un po’ di buon gusto estetico a scapito di attrezzatura comoda e resistente e lavabile anche senza gli ausili classici a cui siamo abituati. Mai dimenticare, occhiali da sole, set posate ripiegabili , set piatti o “gavetta” , bicchiere di metallo. , borraccia (in metallo é meglio, da 1 Lt).
Non vi inserisco link particolari perché usando un banale motore di ricerca ne appaiono quanti ne volete per ogni destinazione, per ogni portafoglio, per ogni periodo dell’anno.